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"Quel che siamo e sembriamo". L'amore secondo Hannah Arendt

Hannah Arendt nasce ad Hannover, in Germania, da una famiglia di origine ebraica. Studia filosofia ad Heidelberg dove intreccia una relazione amorosa e clandestina con il suo maestro, il celebre filosofo Martin Heidegger. Nel 1933 fugge in Francia per scappare al nazismo e vi rimane per diversi anni, lavorando come segretaria personale della baronessa Germaine de Rothschild. A lei si deve il concetto di "banalità del male" nonché numerosissimi lavori di filosofia politica. Più misteriosa è invece la sua visione delle cose intime, personalissime. Ecco alcune pagine di uno strano "diario" in cui la filosofa scrive dell'Amore e della sua potenza.

Febbraio 1951

Quel che siamo e sembriamo, a chi importa. Quel che facciamo e pensiamo nessuno se ne indigna. Il cielo è in fiamme, Chiaro il firmamento Sopra l’unione che non conosce la via.


Giugno 1951

I pensieri vengono a me, non sono più un’estranea per loro. Cresco e divento la loro dimora come un campo coltivato. Vieni e abita nella buia stanza obliqua del mio cuore, ché la vastità delle onde ancora si chiude allo spazio. Vieni e cadi nei fondi colorati del mio sonno, che ha paura del ripido abisso del nostro mondo. Vieni e vola nella lontana curva della mia nostalgia, che l’incendio divampi all'altezza di una fiamma. Stai e resta. Aspetta che l’arrivo giunga inesorabile dal lancio di un istante. Sopravvivere... Ma come si vive con i defunti?


Dimmi, dov'è il suono che ne tradisce la presenza, com'è il gesto se, condotti da loro, desideriamo che la prossimità stessa a noi si neghi? Chi sa il lamento che li allontana da noi e tira il velo sullo sguardo vuoto? A che cosa serve rassegnarsi alla loro assenza, e rivolta il sentimento che impara a sopravvivere. Il sentimento rivoltato è come il coltello rivoltato nel cuore.



Gennaio 1952

Ogni solitudine portata con coerenza sino alla fine sfocia in disperazione e abbandono, semplicemente perché non è possibile gettarsi al collo di se stessi. Sembra che tutto debba ripetersi. E mi chiedo che ne sarà di Te fra sette anni.


La prossima tempesta, che soffia già da ogni direzione, come se si esercitasse nel soffiare e nello spazzare via, Ti risucchierà e Ti farà girare nel Maelstrom, poiché navigando - e anche nei pericoli della navigazione - hai gettato tutto di bordo e sei rimasto senza un peso tuo?


Oppure, per parlare una lingua diversa e molto più precisa, che non è la mia lingua, vuoi veramente fare di Te un "contenitore" (...) e condividere l’essenza del contenitore, che è il vuoto? Non respingerlo subito. Se vuoi (devi?) imboccare questa strada, hai soltanto un’opportunità - che ti si possa ancora incontrare.


La forza diventa potere solo nel momento in cui si allea con altri. La forza che non può diventare potere, perisce da sé in se stessa.


Maggio 1952

Sono solo una Delle cose, Quelle piccole, Che riuscirono Per esuberanza. Stringimi fra le Tue mani, Che si espandano Oscillanti Nella riuscita, Quando hai paura.


Ottobre 1952

In qualunque modo lo si voglia vedere, è incontestabile che a Friburgo io mi sia recata (e non caduta) in una trappola. Ma è ugualmente incontestabile che Martin (Heidegger) lo sappia o no, si trovi in questa trappola, che in essa sia di casa, che abbia costruito la sua casa attorno a questa trappola; cosicché si può andare a trovarlo soltanto se si va a trovarlo nella trappola, se si va in trappola. Quindi sono andata a trovarlo nella trappola.


Il risultato è che ora lui sta di nuovo seduto da solo nella sua trappola.



Maggio 1953

L'amore è una potenza e non un sentimento. S'impadronisce dei cuori, ma non nasce dal cuore. L'amore è una potenza dell’universo, nella misura in cui l’universo è vivo.


Essa è la potenza della vita e ne garantisce la continuazione contro la morte. Per questo l’amore "supera" la morte. Appena si è impossessato di un cuore, l’amore diventa una potenza ed eventualmente una forza. L'amore brucia, colpisce l’infra, ovvero lo spazio-mondo fra gli uomini, come il fulmine.


Questo è possibile soltanto se vi sono due uomini. Se si aggiunge il terzo, allora lo spazio si ristabilisce immediatamente. Dall'assoluta assenza di mondo (=spazio) degli amanti nasce il nuovo mondo, simboleggiato dal figlio. In questo nuovo infra, nel nuovo spazio di un mondo che inizia, devono stare ora gli amanti, essi vi appartengono e ne sono responsabili. Proprio questa è però la fine dell’amore.


Se l’amore persiste, anche questo nuovo mondo che verrà viene distrutto. L'eternità dell'amore può esistere soltanto nell'assenza di mondo (dunque: «e se Dio vorrà, ti amerò anche di più dopo la morte» - ma non perché allora io non "vivrò" più e di conseguenza potrò forse essere fedele o qualcosa del genere, ma a condizione di continuare a vivere dopo la morte e di aver perduto in essa soltanto il mondo!) o come amore degli "abbandonati", non a causa dei sentimenti, ma perché, assieme agli amanti, è andata perduta la possibilità di un nuovo spazio mondano.


Gennaio 1954

Amo la terra come in viaggio il luogo straniero, e non diversamente. Così la vita mi tesse piano al suo filo in una trama sconosciuta. All'improvviso, come il commiato in viaggio, il grande silenzio irrompe nel telaio. Il cuore è un organo curioso; soltanto quando è spezzato, batte al proprio ritmo; se non si spezza, si pietrifica.


La pietra che ci cade dal cuore è quasi sempre quella in cui il cuore si era quasi trasformato.


Marzo 1955

Amor mundi - perché è così difficile amare il mondo? Una volta che abbiamo iniziato a pensare, i pensieri arrivano come le mosche e ci succhiano il sangue vitale.



Maggio 1955

Dolcezza grave. La dolcezza è all'interno della nostra mano, quando la superficie si accomoda alla forma estranea. La dolcezza è nella volta celeste notturna, quando la lontananza si concede alla terra. La dolcezza è nella tua mano e nella mia, quando la vicinanza bruscamente ci fa prigionieri. La malinconia è nel tuo sguardo e nel mio, quando la gravità ci accorda uno nell'altro.


Dicembre 1957

Ti vedo soltanto come stavi alla scrivania. Una luce cadeva in pieno sul tuo viso. Il vincolo degli sguardi era così stretto, come se dovesse portare il tuo peso e il mio. Il legame si è spezzato, e fra noi si è creato non so quale strano destino, che non si può vedere e che nello sguardo non parla e non tace. La voce trovò e cercò ascolto nella poesia.


Novembre 1968

La notte scorsa ho sognato Kurt Blumenfeld - per la prima volta in vita mia, credo. Nel sogno, lo incontravo inaspettatamente su un bel ponte nel bosco. Si levava di bocca il sigaro, per baciarmi. Gli dicevo: «Sei veramente tu? Non posso mica farmi baciare da uno sconosciuto». Ma lo dicevo ridendo. Nel sogno non sapevo che era morto. Mi sono svegliata ridendo. Per la gioia di questo incontro inatteso. (© 2007 Neri Pozza)

 

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