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Immagine del redattoreElisabetta Giuliani

La luna senza i falò

Nelle sere d’estate, le donne di un piccolo paesino in provincia di Brindisi hanno una curiosa abitudine...

Passate le nove, quando il Sole inizia finalmente a calare e l’aria si fa fresca, vedo puntualmente una delle mie vicine sbucare dalla sua porta. E’ la prima. La seguo con lo sguardo e già so che sta per sistemare un tavolino al di là del marciapiede, giusto davanti casa. Farà poi un rapido cenno d’intesa alla dirimpettaia al balcone che subito scenderà in strada, portando con sé due sedie pieghevoli e uno sgabello.


Il sistema è ormai collaudato da tempo e quelle due sedie serviranno a bloccare il passaggio dei veicoli da un angolo all’altro della stradina, per un tratto di circa 20 metri.


Nessuno osa lamentarsi di questo abuso sul suolo pubblico.

A Torre San Gennaro, sbarazzatesi di auto, motori e biciclette, le mie vicine iniziano così ad affollarsi all’aperto, sparse in piccoli gruppi di affinità elettive. C’è chi parla di acciacchi e malattie, chi discute di tasse e governo, chi si dà al gossip di quartiere. Ciascuna è lì a marcare il territorio di cui è regina, fuori dalle mura domestiche. Ogni sedia è un piccolo trono.



E le dimore si svuotano, ma restano aperte, per “spiarvi” dentro di tanto in tanto. Sotto le stelle, la strada diventa allora un gineceo moderno che non conosce più la proprietà privata. "Scire a ffore" - andar fuori - con loro e con il tuo sgabello significa avere legittimo accesso alle case delle altre, ai loro segreti, ai profumi delle loro cucine che non sembrano avere riposo. Così , quando scende poi la notte e la strada diventa buia buia, come i pensieri, questo vociare di donne che sentivo dalla mia camera veniva a rasserenare.


Gli uomini sono spesso via, altrove. Un tacito accordo. Sanno bene di non essere graditi. Non hanno voce in questo spazio, perciò se ne creano degli altri. Torre San Gennaro è un paesino di villeggiatura che accoglie ogni anno lo stesso gruppo di famiglie, provenienti dalle città limitrofe. La popolazione che lo anima per circa quattro mesi l’anno è composta maggiormente da anziani e bambini. Le donne qui sono rigorosamente nonne, mamme o zie. Se in città alcune di loro hanno un impiego, una carriera importante, una volta in paese si trasformano unicamente in angeli e demoni del focolare.


Ho passato in questo posto diverse estati della mia infanzia, e il rapporto delle donne al luogo mi è subito parso assai complesso e ambiguo.


Di fatto, queste donne si sono ri-appropriate dello spazio e delle distanze, attraverso la costruzione di nuovi centri, intesi come spazi di vita, cultura ed espressione. Tale costruzione passa per il monopolio arbitrario di alcuni luoghi del paese (strade, piazze, tratti del lungomare, ecc.). Un rapporto dunque "eccentrico", nel senso proprio del termine.


In questo paesino fantasma, che vive solo d'estate, le donne si ex-centrano per ritrovare di fatto la propria centralità.

E non è un caso che siano proprio le donne a rompere qui l’immaginario classico del centro urbano come tradizionale luogo di ritrovo e di scambio. Il centro presuppone il posizionamento dell’essere e la sua possibile irradiazione nel tempo e nello spazio.


Ciò si traduce anche e soprattutto in una centralizzazione dei poteri e delle opportunità. Una città-fortezza che tutto accentra e controlla. E che si protegge dall’esterno. Le polarità femminili hanno invece la sacra tendenza a vivere tempo e spazio indebolendo le barriere. Esse tendono a "fragilizzare" il centro unico e a moltiplicare, invece, i centri.


Torre San Gennaro ancora non lo sa, ma è forse il modello di un passaggio modernissimo, utopico, in cui si passa dalla visione autoritaria dello spazio, ad una più aperta e democratica, perché multipla.


Difficile dire se ciò avviene così naturalmente perché il paese è in mano alle donne. Gli uomini sono via, altrove. Un tacito accordo. Sanno bene di non essere graditi. Non hanno voce in questo spazio.


Ed io che avrei diritto alla parola, alla mia voce di donna, resto lì e taccio. Perché le donne di Torre San Gennaro spesso e volentieri parlano per ammazzare il tempo. Ignorano il loro potere. E, così facendo, ammazzano ogni Verità.


Torre San Gennaro è per me la terra di ogni paradosso.

E' la memoria del mio sangue, il perimetro delle passioni che hanno fatto la mia femminilità.


E' il luogo dei ricordi, dei tempi con la nonna Wanda. Sono sicura che da Lassu', ancora si sporge e veglia sulla mia vita, proprio come quando, a Torre San Gennaro, sistemava sull'uscio il suo sgabello.


Mi osservava crescere. Un po' là fuori, un po' là dentro...

 

Incontra la Luna, Arcano XVIII


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