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Kintsukuroi: l'arte giapponese che ripara le tue ferite

Chi di noi non è mai stato ferito? Chi non ha sperimentato una rottura, un tradimento, un dolore? I momenti difficili fanno parte della nostra vita. Se solo avessimo il coraggio di vederli come punti di forza piuttosto che come errori, debolezze o fallimenti, troveremmo forse la pace interiore... Questo è ciò che ci insegna il Kintsukuroi.

Il Kintsukuroi è una forma d'arte che arriva dal Giappone e che consiste nel riparare la porcellana rotta saldandone i frammenti con oro o argento liquido.


Inizialmente sinonimo di fragilità (o presagio di sventura), le fratture acquistano così un nuovo significato e diventano parte integrante dell'oggetto in questione, rafforzato e impreziosito dall'uso dell'oro.


Allo stesso modo, è possibile riparare e ricostruire la nostra vita dopo aver fatto l'esperienza di un trauma fisico o emotivo. Possiamo servirci dei momenti difficili e delle nostre fratture psicologiche per avanzare e crescere. Per diventare più belli.


Per Tomás Navarro, psicologo e scrittore, esiste una forte e intima analogia tra il modo in cui noi facciamo esperienza del mondo e l'arte del Kintsukuroi. Nell'arco della nostra esistenza, ci troviamo infatti ad affrontare tutta una serie di prove e di test: dobbiamo imparare a superare le nostre paure e ferite, a volte quasi sublimandole, come se, in ultima analisi, mettessimo dell'oro liquido su ciascuna delle nostre "crepe".


La resilienza alla base del Kintsukuroi

L'ingrediente principale che ci permette di praticare questa forma d'arte nella nostra vita è la resilienza. Definita come la "capacità di corpo, di un organismo o di un sistema di modificare il proprio funzionamento prima, durante e in seguito ad un cambiamento o ad una perturbazione", la resilienza è un concetto che in psicologia designa quelle persone capaci che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti.


Quando un'esperienza negativa ci colpisce e danneggia profondamente, possiamo dunque scegliere di nasconderci, isolandoci da tutto e da tutti, oppure di vivere e fronteggiare pienamente questa situazione che già ci sta trasformando in persone nuove.


La resilienza è un processo complesso, per molti difficile da mettere in pratica. Ci sono, tuttavia, due semplici "regole" che possiamo tenere in mente per spronarci a diventare ogni giorno un po' più resilienti :


1. Non aspettare di toccare il fondo

2. Non crogiolarti nel tuo dolore


Andrea Canevaro, pedagogista, definisce la resilienza come "la capacità non tanto di resistere alle deformazioni, quanto di capire come possano essere ripristinate le proprie condizioni di conoscenza ampia, scoprendo uno spazio al di là di quello delle invasioni, scoprendo una dimensione che renda possibile la propria struttura». Per raggiungere questo stato di resilienza è necessario procedere passo dopo passo.


Nel suo libro "Kintsukuroi: El arte de curar heridas emocionales", Tomás Navarro individua 4 fasi fondamentali :


1. Rincolla i pezzi

Il primo passo da compiere quando si soffre è quello di raccogliere rapidamente "i pezzi". In effetti, come accade per la ceramica rotta, se lasciamo i cocci per terra, o li nascondiamo in un cassetto - in altre parole, se aspettiamo - rischiamo di fare ancora più danni, di perdere un pezzo, o dimenticarlo in giro. Quindi, per non rimanere intrappolato nel dolore, e peggiorare la situazione, è necessario ricomporre tutto quanto prima possibile. Questa dovrebbe essere la tua priorità.


2. Prendi le tue distanze

Spesso noi non valutiamo bene le situazioni. Sommersi come siamo dalle nostre emozioni, è possibile che perdiamo ogni giudizio obiettivo. Ci focalizziamo sulla "tragedia" e saltiamo spesso e volentieri a conclusioni affrettate. Il consiglio è qui di osservare ciò che sta accadendo, attorno e dentro di te, in modo razionale e indipendente, come da il tuo sguardo sulle cose venisse da fuori. In questo modo, non sarai imprigionato dalle tue emozioni e potrai analizzare la situazione in modo molto più chiaro!


3. Ricostruisci

Esiste una differenza enorme tra riparare e ricostruire. In effetti, se ci pensiamo bene, riparare le nostre emozioni equivale a "rammendarle", spesso sostituendole con altro. Ricostruire le emozioni, invece, è un'operazione più lunga, ma manche molto più duratura. Ricostruire vuol dire creare qualcosa di nuovo, che è destinato a durare. Ecco perché la ricostruzione richiede tempo e lavoro proprio sulle "fondamenta". Essa avviene attraverso l'introspezione, un'indagine profonda su di sé per capire chi siamo e cosa ci ha realmente feriti.


4. Sublima le tue cicatrici

L'obiettivo non è dimenticare, riempire spazi vuoti o negare le nostre ferite emotive. Al contrario, dobbiamo capire che ogni cicatrice ci insegna qualcosa e, soprattutto, ci fa crescere. E' proprio su questo concetto che si basa l'arte del kintsukuroi: per ricostruire la nostra vita, guarendo da ogni ferita fisica o emotiva, non dobbiamo cancellare le cicatrici, o nasconderle. E' importante, invece, portarle in superficie, renderle nobili, visibili, preziose.


Metti dell'oro sulle tue crepe più dolorose, trasformale in gioielli che adorneranno il tuo io più profondo.

 

poesia psicomagica che ripara l'anima.


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