Elisabetta Giuliani
23 mar 20202 min
Aggiornato il: 23 ott 2021
A torto, la tradizione ha chiamato l'Arcano XIII"La Morte". Questa frettolosa banalizzazione ha avuto, nel corso nel tempo, un profondo impatto sull'interpretazione della lama, comunemente associata a un cattivissimo auspicio: la morte fisica imminente.
Certo, questa carte del Tarot presenta bene tutti i riferimenti classici legati alla Morte: lo scheletro, la falce, le membra umane... ma l'Arcano senza nome è molto più di questo.
Il personaggio centrale, uno scheletro color carne - quindi uno scheletro organico, vivente - sta effettuando un lavoro di mietitura in un campo nero, disseminato da membra umane ma anche da qualche germoglio di pianta o fiore.
Con la sua falce, l'Arcano senza Nome lavora sull'ambiente circostante, duro e intenso come lo è la sua stessa natura profonda. Il suo passo è deciso, l'Arcano avanza con forza, in uno slancio liberatore. Simbolicamente, l'azione allude a quel processo di eliminazione che lavora l'ego, e lo ristruttura.
Tolleranza zero per i sentimenti, i pensieri e le situzioni inutili, per le visioni riduttive, per le persone tossiche, per gli ambienti che ci stanno stretti. L'Arcano senza Nome a molto più a che fare con le cose feconde della Vita che con la Morte!
L'Arcano XIII sprigiona, infatti, un'energia liberatrice e catartica che e apre le porte al regno dello spirito, alla vita vera: mors janua vitae, la morte porta della vita. Dal punto di vista esoterico, questa morte simboleggia il cambiamento profondo subito dall'uomo grazie all'iniziazione.
Il profano deve morire per nascere a vita nuova, una vita superiore. Se cosi non fosse, se non lasciasse morire ogni imperfezione, ogni mediocrità, gli sarebbe impossibile avanzare e progedire nel processo inziatico....
- In diretta per Radio 15 minuti , con il The MattVox's ROCK SHOW
Trasformazione, cambiamento, pulizia, raccolta, scheletro, rapidità, solitudine temporanea, inizio di una nuova epoca, consolidamento, perdita, taglio, separazione, convalescenza, malattia, disonore.
Hai paura di me, eppure sono la cosa migliore che ti potesse capitare.
Se non ci fossi io a fare piazza pulita, a strappare le erbacce morte via dalla tua anima, se non mi presentassi io, un giorno, a ricordarti che è tutto finito, che non c’è più tempo per le scuse, per i rimorsi, per i rimpianti… dimmi, che razza di vita vivresti?
Vivresti una vita ripugnante e sudicia, come un abito che non puoi togliere, né cambiare mai. Un abito che s’incrosta alla tua pelle.
Sono il principio di ogni sana trasformazione.